OFS PUGLIA: RITIRO DI QUARESIMA 

S. GIOVANNI ROTONDO (04.03.07)

TURI (11.03.07)

BRINDISI (25.03.07)

MEDITANDO LA “DOLCE SORELLA” ELISABETTA D'UNGHERIA

(Le fraternità di Puglia si sono riunite in tre turni, come da prassi, al Nord, Centro e Sud della regione, ed hanno preparato la celebrazione della Pasqua di risurrezione meditando il messaggio, senso e significato di una vita francescana vissuta alla luce del Vangelo: Santa Elisabetta d'Ungheria). 

Elisabetta, donna evangelica e francescana

Una figura ed una vita necessaria ai nostri giorni

(Estratto dalla meditazione di Francesco Armenti)

S. Giovanni Rotondo: la fraternità Ofs del nord Puglia

La memoria dell'ottavo centenario della nascita di Elisabetta, principessa d'Ungheria, Langravia di Turingia e penitente francescana (1207-2007) non deve ridursi a rituali celebrazioni ma deve essere occasione per rinverdire, riattualizzare ed incarnare nella storia di oggi il carisma francescano ed il suo insegnamento affinché attraverso la conoscenza e l'ammirazione, anche noi diventiamo strumenti di pace e impariamo a versare un po' di balsamo sulle ferite degli emarginati del nostro tempo, a rendere umano il nostro ambiente e asciugare qualche lacrima.

Spandiamo la bontà del cuore laddove manca la misericordia del Padre. L'impegno profuso da Elisabetta incoraggi il nostro coinvolgimento, oggi.

Il diacono Francesco Amenti

Cosa ha spinto Elisabetta a fare della sua vita una risposta alla proposta d'amore del Padre? Perché e cosa ha fatto nascere in lei il desiderio di consumarsi per gli altri, di donarsi ai poveri? Tutta la sua vita ha vissuto per e della consapevolezza che “Dio è amore” e di essere destinataria unica ed irripetibile della tenerezza di Dio.

Elisabetta ha accolto ma anche creduto all'amore grazie al quale <<Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui… abbia la vita eterna>> ( Gv 3,16 ). Un amore totale, vero ed autentico che “contagiandola” la ha conformata quotidianamente al Cristo del Cenacolo che lava i piedi e al Cristo crocifisso per amore sul Calvario.

Benedetto XVI nella sua prima enciclica scrive:<<Gesù ha unito, facendone un unico precetto, il comandamento dell'amore di Dio con quello del prossimo, contenuto nel Libro del Levitico : ”Amerai il tuo prossimo come te stesso” (19,18; cfr Mc 12,29-31). Siccome Dio ci ha amati per primo (cfr 1 Gv 4,10 ) l'amore adesso non è più solo un “comandamento”, ma è la risposta al dono dell'amore, col quale Dio ci viene incontro>>.

La celebrazione eucaristica. Un grazie sentito al Centro di Accoglienza l'Approdo per l'ospitalità

Nella Santa d'Ungheria, nella quotidiana dedizione ai poveri del suo tempo, nella sollecitudine che nutriva verso i poveri più reietti e rifiutati si può cogliere la testimonianza di questo passaggio dall'”amore comandamento”, “all'amore dono”, all'amore che si fa dono, che necessariamente deve donarsi, dilatarsi nella storia e nella comunità degli uomini e delle donne di ogni tempo. Amando profondamente il suo Signore, la Principessa di Ungheria non poteva non amare anche il prossimo attraverso una carità vissuta con coerenza. Ella comprese e visse quel che la Scrittura afferma: <<Se uno dicesse “Io amo Dio” e odiasse il suo fratello, è un mentitore. Chi infatti non ama il proprio fratello che vede, non può amare Dio che non vede>> ( 1Gv 4,20 ).

Turi: Mons. Domenico Padovano, sempre attento alla realtà francescana secolare della sua diocesi di Conversano, onora la fraternità Ofs del centro Puglia.

A leggere fatti e notizie sull'amore nutrito da Elisabetta verso gli ultimi del suo tempo non è sbagliato intravedere quello che Gesù ha detto nel Vangelo dopo essersi identificato negli affamati, assetati, ignudi, carcerati, forestieri, ammalati… << Ogni volta che avete fatto queste cose a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me >> ( Mt. 25,40 ).

Una parola evangelica che la principessa d'Ungheria ha incarnato come carisma nella propria esistenza e vocazione francescana, vocazione fondata sull'osservanza del Vangelo sine glossa, vocazione dell'amore verso Dio e verso l'umanità che è <<criterio per la decisione definitiva sul valore o il disvalore di una vita umana… Amore di Dio e amore del prossimo si fondono insieme: nel più piccolo incontriamo Gesù stesso e in Gesù incontriamo Dio>>.

Turi: la casa “Mamma Rosa” accoglie la fraternità del centro Puglia. Il diacono Francesco Armenti, Carmen Partipilo e Carmela Gadaleta

I francescani arrivarono in Germania nel 1221 e quando Elisabetta li incontrò fu amore a prima vista. Immediatamente si innamorò della loro spiritualità, della povertà, dell'obbedienza, della minorità, del farsi servi per amore di Cristo servo, dell'umiltà e del nascondimento per amore di Cristo crocifisso.

Turi: L'assemblea. Un ringraziamento particolare ai fondatori della “Casa Mamma Rosa” Matteo Pugliese e Remo Dellefemine per l'ospitalità.

Ella ha saputo imitare nella carità verso gli ultimi, con libertà, gioia e consapevolezza il Cristo della Croce: solo, disprezzato, reietto.

Il Ministro di Turi, Pierangelo Pugliese, mentre compie la suggestiva cerimonia dell'impegno quaresimale in chiusura della giornata.

Del carisma francescano Elisabetta ha vissuto il rapporto tra contemplazione ed amore, tra preghiera e carità nata e scaturita dal colloquio con il Padre.

Corrado di Marburgo scrisse di aver visto raramente <<una donna contemplativa come Elisabetta che pure era dedita a molte attività. Alcuni religiosi e religiose costatarono assai spesso che, quando ella usciva dalla sua preghiera privata, emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come dei raggi di sole>>.

La sua carità, quindi, sgorgava dal suo saper sostare dinanzi a Dio, la sua dedizione ai poveri nasceva dal amore di Dio accolto ed interiorizzato nella sua vita.

La dedizione di Elisabetta a Dio e ai fratelli non toglieva nulla alla sua vocazione di sposa e madre.

Ella sposò nel 1221 Lodovico non per ragioni politiche ed economiche ma per amore, amore dal quale nacquero i suoi tre figli (Ermanno, Sofia e Gertrude). Quando si fa scaturire ogni cosa dall' amore per Dio tutto acquista la sua pienezza e la sua totalità.

Elisabetta rispettava il proprio sposo, curava ed amava i figli perché “Dio è amore”, li amava con il cuore stesso di Dio, li vedeva con gli occhi stessi di Dio, li curava con la medesima tenerezza di Dio. Le fonti ci presentano la sua come una famiglia unita, sana, in cui si respirava amore, fedeltà, abnegazione, una famiglia fondata su Dio, in cui Dio non era ospite ma fondamento, scaturigine, <<valore supremo e incondizionato che alimentava tutti gli altri amori: verso lo sposo, verso i figli, verso i poveri.

Brindisi: la fraternità del Salento riunita nel salone parrocchiale.

Con Elisabetta, “donna evangelica”, occorre tornare alle sorgenti per considerare le origini come “grazia” che Dio dona al nostro tempo per la nostra salvezza, per vivere una fede come testimonianza dell'amore che Dio ha riversato nei nostri cuori, per dare senso al vagare e alla ricerca dell'uomo contemporaneo, per dare sapore alla nostra “compagnia degli uomini” attraverso una fede che indichi all'umanità appiattita ed omologata l'alterità e la differenza cristiana.

Il ministro Gerardo Montinaro, esorta l'assemblea ad attivarsi e far vivere nelle fraternità il CEMIOFS

Tornare al vangelo significa tornare alla semplicità, alla letizia francescana, alla testimonianza di una gioia semplice ed autentica anche in presenza del dolore, della sofferenza, alla testimonianza di una vita povera ma vera e felice.

Tornare al Vangelo significa cercare il dialogo, il rispetto, la pace .

Elisabetta ha saputo dialogare con il linguaggio della carità con gli uomini del suo tempo, tempo di oscurità e di luce.

In una società come la mostra, pluralista, laica, multiculturale e multietnica i cristiani ed i francescani devono saper vivere e proporre la “laicità del confronto e del rispetto”, il valore dell'alterità. Valori e stili di vita da assumere non rinnegando il Vangelo ma restando in mezzo agli uomini con simpatia.

L'immagine di questa ragazza di 24 anni con il grembiule piegato e colmo del “pane dei poveri” deve illuminare la storia dei nostri giorni facendoci accogliere la sfida dell'amore e della carità. Sarà sull'amore che si giocherà il futuro del cristianesimo e la credibilità del nostro vissuto di fede. Una carità che sappia sfamare gli uomini e le donne del nostro tempo con il pane della Parola, il pane dell'Eucaristia e il pane dell'Amore.

Un impegno per la quaresima

Una riflessione di Carmela Gadaleta

Elisabetta, donna evangelica e francescana è il tema scelto per i ritiri di quaresima di cui il primo si è svolto a San Giovanni Rotondo il 4 marzo.

Francesco Armenti ha parlato di questa donna in maniera semplice e chiara esaltandone l' amore di Dio che era in lei, un amore così totale , vitale, vero ed autentico che la spinge a donarsi ai poveri del suo tempo.

Fece costruire un ospedale presso un suo castello raccogliendo malati e dedicandosi lei stessa alle cure dei più bisognosi. Voleva incontrare e amare Cristo nei poveri.

Si innamorò della spiritualità francescana, della povertà dell' obbedienza, dell'umiltà del farsi servo per amore di Cristo servo e crocifisso.

Elisabetta era una donna molto contemplativa nonostante le sue molteplici attività. Molti religiosi hanno constatato che quando ella usciva dalla preghiera emanava dal volto un mirabile splendore e che dai suoi occhi uscivano come raggi di sole.

Come la vita di Francesco d' Assisi cominciò a cambiare quando incontrò sulla sua strada il lebbroso e invece di fuggire gli andò incontro, lo abbracciò e in quell'abbraccio percepì il corpo di Cristo crocifisso, anche per S. Elisabetta l'incontro con i poveri fu determinante per comprendere la direzione verso cui guardare per incontrare Cristo.

Elisabetta non tolse nulla alla sua famiglia, rispettava suo marito amava e curava i suoi figli, li educava alla fede, insegnava loro ad amare Cristo e la sua Chiesa.
Anche noi siamo chiamati a difendere la famiglia a saper dare testimonianza di un amore coniugale

per essere testimoni credibili e prudenti.

La carità che ha saputo incarnare Elisabetta è un'eredità che noi dovremmo imparare solo se sapremo rispondere all'amore che ci viene da Dio, se abbiamo il coraggio di amare Dio nei poveri, nei bisognosi del nostro tempo e capire tutta la pienezza della nostra vita.

La celebrazione eucaristica presieduta da fra Francesco Monticchio e accompagnata da fra Matteo Mischitelli è stata molto partecipata e seguita dai presenti .

Nel pomeriggio durante l'incontro di preghiera ogni ministro è stato invitato ad avvicinarsi alla croce ai piedi della quale sono state poste delle pergamene con su scritto l'impegno quaresimale di fraternità: conversione, perdono, attenzione agli ultimi ecc.

Attraverso la conoscenza di questa figura e sulle orme di Francesco e Chiara convertiamoci in strumenti di pace e l'impegno di Elisabetta stimoli il nostro cammino verso il Padre unica fonte di amore.