O.F.S.

-IL PELLEGRINAGGIO E' UN PO' COME IL GIORNO DELL'UOMO

Quando ti siedi nel pullman insieme a visi conosciuti e non, è un po' come addormentarsi nella propria stanza, in un sonno senza sogni della vita, per poi svegliarsi quando la voce di Padre Francesco o di Frate Rufino, accompagnatori spirituali ed organizzatori del nostro pellegrinaggio, ti avvertono che finalmente si è giunti a Santa Maria degli Angeli, presso Assisi, per soggiornare e attingere dall'antica storia, sulle orme di San Francesco e Santa Chiara, pezzi di vita spirituale, per costruire il mosaico della propria fede.

In compagnia, ma ognuno con i suoi pensieri, si và alla ricerca di quelle sante icone, che servono a farti vedere più chiaro il volto di Dio, aiutati dai momenti di liturgia, dalle testimonianze dei frati o dalle suore Clarisse. Si cerca di nutrire la fede ascoltando più intensamente la parola del Vangelo, là dove Chiara, Francesco e i loro primi compagni l'hanno vissuta, contemplando la natura con l'animo aperto a cogliere quelle carezze spirituali, spesso inavvertite, a causa delle quotidiane necessità della vita.

Sei veramente gratificato, quando alla tua vista, si impone la facciata della Basilica di Santa Maria degli Angeli, con la splendida statua della Vergine dorata accogliente, posta sulla sua sommità, quasi a benedire ogni visitatore.Da quel momento, avverti l'inizio di un percorso. Entrando nella grande Basilica, ti sorprende un profondo silenzio.D'istinto ti fai il segno di Croce, ti ricordi di salutare il Santissimo. Quella che si pone alla vista del fedele, è la chiesetta della Porziuncola, la piccola struttura diroccata, dalla quale il Santo iniziò la sua opera di redenzione, improvvisandosi muratore per ripararne le rovine, subito seguito da alcuni amici, poi da molti altri, tantissimi, uomini e donne che costituiscono, secondo le Fonti Francescane, la triplice milizia francescana.

Come è possibile tutto questo, si chiede un implume (e maturo di anni) novizio francescano come me? Quale è stata la forza misteriosa dello Spirito che gli ha fatto vivere la parabola del “Figliolo Prodigo” al contrario? Il pellegrinaggio è anche un mezzo per camminare sulla strada dei Santi. Lo avverti quando sei in Assisi, nel lungo e largo piazzale antistante la Basilica Inferiore ed entri in essa, per andare ad incontrare le spoglie di Francesco d'Assisi. E' nel raccoglimento di fronte alla cancellata che cinge il sepolcro, avvolti nella mistica penombra, che avverti la tua inconsistenza spirituale e senti spegnersi tutte le velleità temporali. La preghiera sgorga spontanea, non con le parole, ma nel silenzio dell'anima che quando si pone ad ascoltare il cuore, si apre all'immensità dell'essere e dialoga con Dio. Cosa dice? Sono suppliche e richieste che la mano non sa scrivere, né la bocca raccontare. Sono pensieri forse divini, perché formulati con la fede e non traducibili con la parola umana; sono richieste, promesse e voti; ringraziamento, lode e benedizione che spesso sfuggono alla mente perché lì, inginocchiato vicino a quella tomba vivi attimi di emozione intraducibiliDa Assisi ti avvii per un'aspra discesa, verso San Damiano. Il prospetto un po' schiacciato, sull'ampio prospiciente piazzale antistante, è un luogo immerso in una grande quiete. Questo è il santuario del “eccomi” di Francesco al Crocifisso che lo esortava a ricostruire la Sua Chiesa. Santa Chiara, sull'esempio dell'amico Francesco, volle percorrere la stessa strada di penitenza, seguendo lo stesso “eccomi” abbracciando la povertà e ritirandosi in stretta clausura a San Damiano, dove visse una storia di santità. Visitando i luoghi dove la Santa visse in umiltà e penitenza, di nuovo ti interroghi: io, quanto sono distante da questa fede fatta di rinunzie, di preghiere e di carità? Quale offesa sono a Dio, e ancor più ai poveri del mondo, che vivono con il nulla avanzato delle nostre mense? Nulla che fa rivivere nell'uomo la passione e morte di Cristo sulla croce? Quella Passione che San Francesco fissò bene nella sua mente e nel suo cuore, ancor più quando si isolò nelle crepe rocciose della Verna, contemplando la verde vallata ai piedi del monte, o stando rannicchiato su quel giaciglio di pietra, che ancora sussiste all'interno di una grotta. Egli mortificò il corpo, perché stretto a Gesù, volle vivere le Sue sofferenze, annullando il suo io. Tanto si identificò in Lui, da ricevere a Sua immagine, le stimmate alle mani, ai piedi e la ferita al costato, segno dell'abbraccio divino. Muovendo i passi sulle ampie rocce possenti della Verna, vivi per un attimo l'amore vero del cuore perché intuisci che in quel luogo Francesco volle vivere nudo sulla nuda roccia per immergersi nello sguardo dell' Altissimu onnipotente bon Signore…

Tommaso Dragone

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