Un viaggio di nozze in Mozambico
15.12.07-01.01.08

Da Maputo a Milange

 


Un viaggio di nozze in Mozambico? Come mai? Con tanti posti dove divertirsi?
Ecco proprio così hanno reagito i nostri parenti e amici italiani, i medici che ci hanno vaccinato prima di partire e tutti quelli che ci hanno accompagnato il giorno del nostro matrimonio, ma non solo… anche i frati e i mozambicani che abbiamo incontrato lì, in quella terra calda e isolata dal mondo!
Beh è innegabile, la nostra scelta non è tra le più gettonate dalle giovani coppie… ma per noi è stata una scelta maturata negli anni.

Genesi di una scelta

Io mi ricordo bene il giorno della partenza di fra Domenico Mirizzi da Bari per il Mozambico, lo accompagnammo con degli amici all’aeroporto e accennammo a lui il nostro desiderio di partire prima o poi per quelle terre così lontane. E ancora ogni volta che i miei genitori partivano per l’Albania, io sorridendo dicevo che se mai fossi partita per conoscere le missioni dei cappuccini, sarei andata in Mozambico. Era un’idea fissa, ed in realtà non ne saprei neanche dire il perché, ma sognavo di vedere un giorno quella terra calda e povera di cui avevo sempre sentito parlare.
Ancora più di me, Giovanni è cresciuto respirando l’amore per l’Africa di suo zio fra Francesco Monticchio. Anni interi di corrispondenza e di ansia e attesa di un nuovo incontro, visite in Italia, proprio a Campi, di mozambicani e missionari vicini a fra Francesco, dei suoi collaboratori, benefattori, fratelli e familiari di tutti i protagonisti delle opere missionarie in Mozambico. Ogni richiesta di aiuto mossa dalle missioni cappuccine per il Mozambico suonava come le campane a raccolta di tutti campioti e ricreava in Italia il sentimento di partecipazione collettiva alle necessità di quel popolo decimato e stremato dalla guerra civile.
Sono passati tanti anni da quelle grandi raccolte di beni per le famiglie africane, ma nel cuore di chi ha partecipato attivamente alle iniziative proposte per gli aiuti, sono rimasti i volti sorridenti della gente che li ha ricevuti e che noi abbiamo potuto conoscere attraverso “Missionari nostri”, che arrivava nelle nostre case, e attraverso le mostre fotografiche organizzate nelle giornate dedicate alle opere missionarie cappuccine. In altre parole come non partire, è la domanda giusta.

Un viaggio strano: ritardi e … neve in Italia, caldo afoso in Mozambico


La neve, rarissima da noi, sembrava averci fermato proprio nei pressi di Bari, anche l’uscita per l’aeroporto era bloccata da un tir rovesciato… avevamo scarse possibilità di recuperare il tempo perso e arrivare in tempo a Roma per il decollo e ormai pensavamo al rientro a casa, quando al telefono finalmente ci hanno rassicurati sulla possibilità di recuperare il volo il giorno seguente, era il 15 dicembre e approdavamo a Roma ormai con la certezza di partire.

Così, con un giorno di ritardo, che ci sarebbe costato poi qualche tappa in meno, abbiamo affrontato il lungo viaggio che ci ha portato attraverso un scalo a Francoforte e uno a Johannesburg, finalmente, dopo circa 20 ore di aeroporti e aerei, a Maputo.
Subito, anzi quando ancora eravamo in fase di atterraggio, si è avvertito un nuovo modo di concepire la vita, nuovi colori, nuove sensazioni… e non erano solo i 38° che ci hanno investito appena fuori dall’aereo!                                                                                                                              

Ricchezze e povertà

Se da noi è tutto squadrato, le campagne sono recintate, ben delimitate le zone coltivate da quelle incolte… lì si aveva l’impressione che tutto fosse un po’ più libero: le coltivazioni non erano razionalmente suddivise, ma la terra era ugualmente fertile e feconda. Solo che a lavoro c’erano solo donne, spesso anche con piccoli fagotti sulla schiena in cui custodivano i lori figli più piccoli. Ma l’impatto, forse il più difficile, è stato quello con i sobborghi di Maputo. Lì è chiara ed evidente, senza punti interrogativi né perplessità, la differenza tra la ricchezza e la povertà. Grandi ville nelle strade dei ricchi, ammassi di piccole baracche, utilizzate allo stesso tempo per abitazione, commercio e smaltimento dei rifiuti, nelle periferie. Un’aria insana e triste che non poteva che scuotere la nostra idea di famiglia, focolare domestico e abitazione… è inutile dire che ci si accorge subito della nostra abbondanza, un abbondanza di cui spesso è troppo facile lamentarsi!
Ma a compensare queste grandi assenze di igiene e mezzi per la sopravvivenza, c’è la loro grande capacità di vivere comunque sorridendo… sembrerà assurdo ai nostri genitori, spesso affannati a trasmetterci la necessità di avere certezze (lavoro, casa, pulizia, vita sociale sicura, assenza di pericoli…) ma la gente di Maputo sorride alla vita e canta tutta la notte, una notte popolata di musica e grande chiacchiericcio. Lì fra le baracche dei poveri e la periferia della città si scorgono presto le costruzioni della missione dei frati della capitale, ma non solo… a due passi dalla grande e popolata discarica cittadina le suore dell’Ordine di madre Teresa di Calcutta accudiscono centinaia di orfani, di cui gran parte sieropositivi o vittime di malattie e malformazioni più o meno evidenti.



L’abbraccio di questi bimbi ha suscitato in noi, come nei pochi visitatori che loro ricevono, una sensazione di impotenza incolmabile che solo l’amore di chi ha donato la vita per Cristo e per i poveri ha saputo tamponare. Troppe le necessità, sempre pochi gli aiuti, ma la voglia di cambiare il modo in cui il mondo gira, inizia a crescere in noi… e ancora il viaggio sta solo cominciando!

Sensazioni al confronto

L’indomani lasciamo Maputo, che rivedremo gli ultimi giorni prima del rientro, e partiamo per Quelimane, che sarà la nostra base d’appoggio per gran parte del viaggio.
I giorni mozambicani sembrano ancora tanti e lunga sembra la distanza che ci divide dalle nostre case e dalle nostre abitudini natalizie. E sì, è quasi Natale e qui fa tanto caldo, non ci sono molte luci e decorazioni natalizie, è un periodo di vacanza per loro che corrisponde alla nostra estate… insomma non sembra proprio il 19 dicembre.


La mattina presto lasciamo il porto di Quelimane verso Inhassunge, su di una barchetta semplice ma efficiente… è la prima immersione nella gente, da vicino. All’approdo troviamo ad aspettarci fra  Antonio Chamboko che nel giro di pochi minuti si ritrova la macchina piena, noi nell’abitacolo e un po’ di mozambicani seduti nel…retro, che sfruttavano il passaggio fino alle proprie destinazioni. Lì le macchine sono rare e il passaggio gratuito ancora di più. La strada è stretta e piena di buche, spesso il passaggio di un’auto crea difficoltà ai pedoni che sono costretti a fermarsi fuori dal tratto di terra battuta e le numerose pozzanghere non migliorano la situazione. Fra Antonio ha preparato per noi un giro completo dell’isola e ci porta a visitare tutti i posti in cui i nostri frati hanno lasciato segni del loro passaggio, in tutte le comunità, le scuole, l’ospedale, i mercatini e i più bei paesaggi di Inhassunge. Sulla strada abbiamo anche visitato una fabbrica per l’essiccamento del cocco in cui abbiamo visto da vicino la preparazione del prodotto per l’esportazione: raccolta, pulitura e disidratazione nei forni. È stato uno dei pochi posti dove abbiamo visto uomini lavorare. C’era anche un carinissimo bimbo con una giacca grande grande che ci ha accolto con gioia.
In una comunità non lontana dalla missione ci è stato offerto il cocco direttamente tirato giù dall’albero… un altro sapore, profumo intenso e piacevolissimo, leggermente salato e con una consistenza molto simile ai nostri budini. Ci hanno offerto ciò che avevano di più invitante e saporito.
Per la strada però mentre si parlava dell’economia del posto, basata quasi esclusivamente sull’esportazione del cocco secco per la produzione di tutti i nostri prodotti di bellezza dal profumo esotico, uno scenario spoglio e inospitale si è svelato davanti a noi: le vecchie grandi colture di alberi da cocco erano andate perdute a causa di un virus proveniente dal Sud-America che sta devastando il paesaggio e se non l’unica risorsa disponibile almeno la più sfruttata oggi.                                                                                                                                         

La testimonianza

La visita però si fa più emozionante e coinvolgente quando arrivati alla missione abbiamo conosciuto i luoghi dove avvenne il martirio di fra Camillo Campanella, fra Oreste Saltori e fra Francesco Bortolotti.


Tutto sembrava irreale, quei posti così belli non potevano essere lo scenario di una tale carneficina… Gli alberi, le piante, i fiori rendevano tanto affascinante quel luogo che era difficile pensare che in mezzo ai due fuochi nemici, fra i tanti guerriglieri morti, c’erano anche tre missionari cappuccini che non avevano nessuna colpa ed erano stati solo nel posto sbagliato al momento sbagliato.

 Il racconto di fra Francesco Monticchio si fa vivo, la sua voce, rotta dall’emozione racconta e fa rivivere gli attimi tremendi del ritrovamento dei tre corpi, due lì davanti alla missione e uno lontano sulla strada che portava i carnefici al luogo di prigionia in cui fu tenuto padre Giocondo Pagliara per quaranta giorni. Gli spettatori non eravamo solo noi, ma anche i giovani frati mozambicani che oggi portano avanti la missione sull’isola e il racconto di fra Francesco passava spesso per parentesi in portoghese che ricostruivano ciò che avevano probabilmente visto e fatto i protagonisti della sanguinaria vicenda. Ancora oggi il ricordo di quegli interminabili giorni è vivo negli occhi di fra Francesco che da superiore dei frati con fra Guido Felicetti dovette svolgere tutte le pratiche di recupero, riconoscimento, trasporto e sepoltura dei corpi concordando tutto ciò con l’esercito e le autorità del luogo in piena guerra civile.

Incontro inaspettato


Dopo il pranzo un incontro inaspettato rompe la tristezza del ricordo… una donna che saputo dell’arrivo di fra Francesco a Quelimane, ci aveva raggiunto a Inhassunge per salutarlo per prima… prima di tutti gli altri! Commuovente e silenzioso, quel colloquio ci aveva restituito la dimensione della scia lasciata da padre Francesco in quei luoghi. Quando le siamo stati presentati e ha saputo che il nostro viaggio era seguito alle nostre nozze, ci ha detto con voce ferma e sicura che lì in Mozambico matrimonio significa farsi accompagnare e che da quel giorno ci avrebbero accompagnato loro con la preghiera da lì. La commozione invade il nostro cuore e le emozioni si moltiplicano fino a non riuscire a trattenere le lacrime. Ancora un altro regalo.
Presto arrivano le tre e la barca ci aspetta per riportarci a Quelimane, ma lungo la strada ci fermiamo a visitare una “palhota” dall’interno sfruttando il fatto che era di un seminarista appena conosciuto, Oronzo, il cui nome è stata un’altra simpatica sorpresa. Il ritorno per fiume è breve e in pochi minuti siamo sull’altra sponda. La sera dopo cena stravolti ci si concede presto al sonno, anche perché la mattina dopo si partirà molto, molto presto.

Con fra Fortunato si parte all’alba

Così fra Fortunato Simone, superiore Vice-provinciale dei cappuccini del Mozambico, si fa trovare pronto all’alba per il nostro tour nella regione della Zambézia; una veloce colazione e presto in auto si parte per Milange. Il viaggio prevede alcune tappe intermedie.

Nicoadala è vicina e lì conosciamo fra Leone Zeni e fra Piergiorgio Armellini, poco dopo sul cantiere della nuova Chiesa in costruzione a Namacurra; per pranzo il tempo giusto di arrivare a Mocuba. Qui la missione è anche sede del postulantato e del noviziato dei cappuccini; incontriamo fra Paolo e fra Ludovico Festi ma abbiamo solo il tempo del pranzo per conoscere questa terra e i missionari cappuccini all’opera.
Dopo un breve momento di relax si riprende presto il cammino verso il confine col Malawi. La foresta confina a destra e a sinistra con un’avventurosa strada a volte sterrata, a volte asfaltata, ma molto frequentata. La gente cammina sull’unica via disponibile e la condivide con i mezzi che la percorrono ogni giorno; abita nei pressi della strada e commercia sullo stesso percorso.
Insomma la strada nel Mozambico è luogo d’incontro tanto quanto le nostre piazze fino ad una generazione fa.

Si cammina, si vende, si compra, si vive e non di rado si muore su quell’unica strada.
Per quattro-cinquecento chilometri si trova uno o al massimo due incroci ma si ha presto e per tutto il tragitto la sensazione di entrare con tutte le scarpe nei meandri della vita mozambicana, spesso anche violando la sua quiete. Ma quando da lontano si intravede un gruppetto di bambini che giocano e si ha il tempo di guardarli e salutarli, allora si spalanca un mondo di sorrisi e di mani che si muovono al ritmo del “tatàaa tatàaa” che seguono la macchina fino a perderla nel panorama meraviglioso della campagna della Zambézia. Allora sì che il cuore riprendere a battere con il suo ritmo dopo essere rimasto in sospeso per l’ansia e la sorpresa che ogni viaggio e ogni luogo ci hanno riservato.
Per cena siamo a Milange e ostinatamente ci buttiamo in una visita del posto quando ormai si è al tramonto e i frati sconsigliano un’uscita… avevamo voglia di vedere gente da vicino, fuori dai conventi e dalle missioni.

A Milange con le monache cappuccine


A letto presto e in piedi all’alba per raggiungere le suore cappuccine per la messa e la colazione. La macchina da presa ha registrato voci e canti meravigliosi mentre noi cominciavamo a sentirci a casa… e il Mozambico ci entrava pian piano nel cuore. Una ricchissima e succulenta colazione precede la visita degli ambienti del convento e la lunga chiacchierata con le suore sulla loro vita di clausura adattata alle esigenze della missione. La nostra meraviglia aumenta alla vista del meraviglioso paesaggio che incornicia il convento: la ricca vegetazione africana in montagna.

Al saluto ancora un regalo… tre teneri elefantini d’augurio per i figli e un biglietto di auguri per il Natale e l’anno nuovo che si sta affacciando all’orizzonte, un anno da marito e moglie, un anno da nuova famiglia. Ora una visita al mercato per comprare le capulane e un po’ di provviste personali. La città di Milange si sviluppa ai lati di un’unica grande strada con uno spartitraffico centrale ed una grande rotatoria sull’unico grande incrocio. Ad un capo la casa del governatore, all’altro la chiesa e lungo il percorso una pompa di benzina, uno sportello bancario e qualche negozietto organizzato, molti ambulanti e tanta gente che cammina. I più fortunati comprano una bicicletta e portano generi alimentari, carbone o qualsiasi altro oggetto commerciabile da un posto all’altro. Una breve visita verso il confine col Malawi ci fa imbattere col primo esemplare di macaco che si muoveva tra gli alberi e con le residue piantagioni di the che al di là del confine sono rimaste di larga diffusione. Immaginavamo di incontrare lungo il tragitto molte specie di animali il paesaggio ci ha confermato che laddove è arrivato l’uomo gli animali sono scomparsi o fuggiti.

Maria Rosaria e Giovanni Palmieri